La comunicazione della fede
adatta
alla nuova evangelizzazione
Giornata di studio sul Catechismo
della Chiesa Cattolica
Luciano Meddi © Università Urbaniana, 26 marzo 2012

L’impegno della chiesa per una nuova comunicazione della
fede nasce dalla cultura generata dalla modernità che
sottolinea un ruolo nuovo della persona umana e dei
gruppi sociali nella comprensione della verità. Nel
magistero troviamo due posizioni pastorali:
l’opposizione al valore della cultura moderna oppure la
sua considerazione come via della evangelizzazione. Il
compito di “aggiornamento” della comunicazione
della dottrina affidato da Giovanni XXIII al Concilio
Vaticano II. Il Vaticano II in GS 44 ci ammonisce che
“È dovere di tutto il
popolo di Dio, soprattutto dei pastori e dei teologi,
con l'aiuto dello Spirito Santo, ascoltare attentamente,
discernere e interpretare i vari linguaggi del
nostro tempo, e saperli giudicare alla luce della
parola di Dio, perché la verità rivelata sia
capita sempre più a fondo, sia meglio compresa e possa
venir presentata in forma più adatta”.
Paolo VI ha fatto della questione del linguaggio una
delle vie principali per la evangelizzazione. in EN 63
dice:
“il termine «linguaggio» deve essere qui
inteso meno nel senso semantico o letterario che in
quello che si può chiamare antropologico e culturale”.
Avverte il pericolo di perdere il contenuto della fede
ma anche che “La evangelizzazione perde molto della
sua forza e della sua efficacia se non tiene in
considerazione il popolo concreto al quale si rivolge,
se non utilizza la sua lingua, i suoi segni e simboli,
se non risponde ai problemi da esso posti, se non
interessa la sua vita reale”.
Giovanni Paolo II pur invitando a non snaturare
il messaggio, ha introdotto l’espressione
“evangelizzazione della cultura e inculturazione del
vangelo” (CT 53) che mette in evidenza che la
comunicazione della fede riguardi il racconto biblico. È
anche il papa che riconosce la complessità del rapporto
tra messaggio e comunicazione definita dimensione
antropologica (RM 37).
Teologia e Magistero hanno accettato di «ripensare»
Rivelazione e Fede dentro quattro affermazioni (DV
2): 1. La dimensione umana della rivelazione (e della
dottrina) è «condizionata» della natura del linguaggio;
La verità (della fede) è per la storia; 3. La risposta
di fede è «personale» cioè inserita in tutti i dinamismi
della persona; 4. A partire dal racconto del suo
«evento» originario: la fede di Gesù di Nazaret.
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postato lunedi 26\03\2012
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