Per svegliare
una nuova aurora
Il bisogno di nuova profezia
Luciano Meddi © Presbiteri, 2007,9, 677-688

Viviamo in un tempo
in cui la profezia si è spenta?
Subito dopo il Concilio il termine
"profezia" rappresentò il modo sintetico di riassumere
le speranze e le intuizioni che molti avevano posto nel
rinnovamento della Chiesa.
Profezia veniva a significare da una parte il compito
missionario della Chiesa verso il mondo e dall'altro uno
stile di vivere la vita cristiana e il ministero
sacerdotale. Profetico significava Chiesa capace di
annunciare dentro di sé e al suo esterno la novità
evangelica di Cristo in contrapposizione, a volte, con
l’astratta formulazione della teologia dogmatica. Per
questo solo alcuni dei vescovi (ma anche sacerdoti e
laici) vengono ricordati con l’appellativo di “profeti”.
È un dato di fatto che nella Chiesa di oggi il termine
non viene molto utilizzato. Esso è sicuramente
marginalizzato. Sia nella vita pastorale diretta, come
nella riflessione scritta, il termine viene dimenticato
fino a scomparire. È nella percezione di molti, inoltre,
che proprio i “profeti” del Concilio siano stati
particolarmente osteggiati dalla istituzione ecclesiale.
Al loro posto sono state esaltate figure e personaggi di
Chiesa che preferiscono mettere in evidenza i pericoli
che vengono dalla “profezia conciliare” e che dedicano
il loro tempo piuttosto alle nuove forme di obbedienza
gerarchica (qualunque essa sia).
Non è facile fare un bilancio sulla profezia nella
Chiesa negli anni del post-Concilio. Più facile è,
invece, riaffermare con forza la necessità che si
continui ad annunciare all’interno della comunità
ecclesiale quegli stessi valori che esaltarono molte
persone al tempo della assise conciliare. La profezia
del Concilio ha bisogno di nuovi profeti [...]
postato lunedi 20\02\2012
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