[in
CURRÒ S. (a cura di), Alterità e catechesi, Torino, Ldc, 2003,
51-67.]
Luciano Meddi
lmeddi@bottoni.com
La catechesi ha fatto sua l’ansia evangelizzatrice di Paolo VI espressa nel grido di allarme sulla divaricazione tra Fede e Cultura (EN 20). Si può affermare, anzi, che la catechesi ha intuito e vissuto in prima persona anche prima del documento pontificio questo dramma. Quale è l’apporto specifico della catechesi al tema della inculturazione? Nella catechesi registriamo sicuramente un impegno per l’inculturazione del messaggio della fede basti pensare a tutto il fenomeno della cosiddetta catechesi antropologica ed esperienziale. Tuttavia ritengo che l’apporto suo specifico sia da ricercare più nel tentativo di entrare in comunicazione profonda con la struttura vitale della persona, con il suo modo di vivere e di svilupparsi. Dal suo punto di vista la catechesi utilizza due termini paralleli che sono: integrazione e interiorizzazione. Due termini che, oltre che nel recente Direttorio Generale della Catechesi del 1997, sono entrati anche nel linguaggio teologico-pastorale diffuso.
In verità è facile vedere in questa sua riflessione una attenzione “pastorale” ed “educativa” al tema della comunicazione della fede a “partire dall’altro” ovvero dando ragione della metodologia di sviluppo che l’altro possiede. Potremmo dire: tentando di incarnarsi nella realtà del destinatario fino a renderlo protagonista del suo cammino.
In questa riflessione offro una sintesi delle posizioni teologiche riferite al tema della inculturazione attraverso l’uso dei termini utlizzati; successivamente una presa di posizione su una possibile teologia della inculturazione per mostrare successivamente come la catechesi ha contribuito e può contribuire alla realizzazione di tale compito nel nostro tempo.
Se è vero che la riflessione sulla teologia della inculturazione è recente nella chiesa e che di fatto è esplosa solo nel dopo Concilio in occasione dei Sinodi sulla Evangelizzazione (1974) e la Catechesi nel nostro tempo (1977), è vero anche che il rapporto tra Cultura/e e Vangelo è stato un problema sempre presente nella vita ecclesiale. Basta ricordare gli studi recenti su tale tema in riferimento allo sviluppo del testo biblico[1], sulla questione dell’ellenizzazione[2] della fede. La chiesa si trovò nella necessità di dire in modo plurale la propria fede durante la “grande partenza missionaria” diversamente realizzata in Asia e in America Latina[3] e nel grande dibattito nel contesto della modernità.[4]
Tuttavia il “progresso del pensiero” prende corpo a partire dalla necessità di un dialogo tra cattolicesimo e civiltà moderna solo alla fine del XIX secolo.[5] La riflessione della chiesa del XX secolo, fino alle porte del Concilio, si apre con la rivendicazione del primato del ruolo magisteriale della chiesa nella definizione della nozione di “civiltà” e si conclude con l’affermazione della necessità di dialogo e di collaborazione. A chi dichiarava superata la visione sociale della chiesa e del Vangelo per optare verso una costruzione della società in forma autonoma o oppositiva alla fede, la chiesa contrappone la sua “preoccupazione”.[6] Si riafferma infatti l’intuizione che la civiltà non è possibile costruirla con la sola autonomia umana perché essa deve essere fondata sui valori perenni che si possono ritrovare sono nella analisi della natura umana. Tuttavia la chiesa non è l’unica depositaria di tale analisi e il suo messaggio non si esaurisce con essa, ma è consapevole che il Vangelo si radica in essa e la esprime in modo vincente. Progressivamente si affina anche il contenuto del rapporto tra cristianità e civiltà : dalle norme morali, ai valori, alla difesa della dignità umana. Non un restringimento ma una priorizzazione. Realizzazione umana, autonomia culturale del nostro tempo, pluralismo, dialogo, fondazione etica, rapporto natura cultura, sono temi che ritroveremo nella riflessione ecclesiale post-conciliare.
Una volta accettata la prospettiva del dialogo con la civiltà/cultura contemporanea l’evoluzione fu rapida.[7] Un passaggio fondamentale fu l’acquisizione della teologia dell’Aggiornamento. Papa Giovanni XXIII nel suo discorso di apertura al Concilio l’11 ottobre 1962 (cf. EV I, 54-55*) affermava che compito della chiesa è conservare fedelmente il deposito della fede ma che nel contempo “e necessario che questa dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro tempo”.
Come configurare questa nuova relazione tra le espressioni culturali e il Vangelo (cf. GS 48-53)? In quegli anni si diffuse in primo luogo il termine adattamento. Gli autori segnalano che il termine nacque in ambente missionario soprattutto per esprimere la coscienza dei limiti della evangelizzazione contemporanea e dei suoi fallimenti in modo particolare in Africa e Asia. Il concilio (AG 16, 22, 25, 26; LG 13, 17; GS 44, 58, 62; GE, 1; OT, 1; SC 37-40, 59, 82; AA 19, 29; NA 2) consacrò questa idea che fu sostenuta anche dai pontefici dell’epoca. Anche il Documento base ne riflette l’idea (cf. DB 76, in cui cita GS 44 4 AG 22). Il termine venne successivamente rifiutato per il fatto che sembrava esprimere maggiormente la dimensione esterna del rapporto senza incidere in profondità. In modo particolare veniva “contestato” il suo uso parziale nella liturgia, l’omiletica, l’arte religiosa e la pastorale in genere.
Per questo si preferì per alcuni anni (tra il 1970 e il 1975) la parola incarnazione. La proposta terminologica veniva soprattutto dai teologi africani e con questo termine volevano sottolineare il bisogno di una nuova creatività teologica. Di fatto il termine non ebbe molto influsso nel nostro contesto.
Per meglio esprimere il complesso rapporto che la teologia voleva instaurare con le culture si usò per un certo tempo il termine acculturazione con il quale si vuole sottolineare proprio il passaggio “in profondità” da un sistema di pensiero ad un altro. Ma il termine fu presto abbandonato perché (cf. Neckebrouk 1990, 20-21) esprimeva troppo la dipendenza sociologica e antropologica delle culture egemoni con quelle subalterne. Lo stesso pericolo di egocentrismo culturale segnalava Dhavamony (1988, 114). Tuttavia per ceri versi il termine ha un aspetto positivo perché meglio sottolinea la complessa reciprocità dei due elementi in gioco. In modo particolare va segnalato l’uso che ne ha fatto un maestro della questione: P. Rossano[8] e non credo senza una qualche ragione. Troviamo lo stesso termine ancora nei documenti successivi: il Messaggio al popolo di Dio del Sinodo sulla catechesi del 1977 lo usa ai nn. 5[9] e 10; e lo stesso CT 53 segnala l’incertezza del termine.
Una critica ulteriore al termine “incarnazione” venne mossa da chi sosteneva che non metteva bene in luce la pluralità e la complessità del termine cultura che meglio va intesa come “culture”. Soprattutto non fa emergere chiaramente che il rapporto va stabilito tra Vangelo e Culture realmente e attualmente presenti e perseguite dalla gente. Proprio per questo nell’attuale momento della ricerca linguistica si preferisce il termine contestualizzazione. Questo mette meglio in evidenza che si tratta proprio di creare nuovi contesti (culture) al messaggio e alla vita cristiana.[10]
Tuttavia il termine che si è ufficialmente imposto è il termine inculturazione. Tralasciando il dibattito se il primo documento in cui appare sia il Messaggio al popolo di Dio del Sinodo del 1977, si può affermare che Giovanni Paolo II utilizza per la prima volta il termine inculturazione nel discorso alla Pontificia commissione biblica del 26 aprile 1979 che aveva tenuto la sessione plenaria sul tema "L’inculturazione della fede alla luce della Scrittura". Il Papa afferma che il termine acculturazione o inculturazione, pur essendo un neologismo, esprime molto bene una delle componenti del grande mistero dell’incarnazione.[11] Il Papa ritornerà più volte su questo tema a lui caro. In CT 53 presenta già la distinzione e complementarietà tra l’accoglienza delle culture e la critica delle stesse. Temi che verranno ripresi e sistemati in RM 52-53.
Queste riflessioni portano a termine l’analisi iniziata da Paolo VI sulla necessità di evangelizzare per superare la dissociazione tra Fede e Culture (EN 20). Il termine “inculturazione” viene così ad esprimere il doppio obiettivo che la chiesa si prefigge: porre il Vangelo nel cuore delle culture e al tempo medesimo purificare e trasformare le culture medesime. Porre dentro e sostituire. “Evangelizzare la cultura e inculturare il Vangelo” è la sintesi che il magistero continuamente propone alla prassi pastorale. Gli autori fanno notare il grande apporto portato a questa sintesi dal p. Arrupe negli anni vicini al Sinodo sulla Catechesi del 1977.[12] la teologia, per sua parte, tende a sottolineare che tale processo porta necessariamente alla pluralità di espressioni della fede secondo “contesti” particolari.
In ordine sia alla possibilità che alla necessità del processo di inculturazione del messaggio della fede la riflessione ecclesiale ha ritenuto necessario sviluppare alcuni temi teologici.
L’inculturazione viene pensata non solo “lecita” ma necessaria e teologicamente esigita dalla CTI che in un intervento del 1972[13] afferma che la verità della fede è legata al suo progredire storico per cui l’ortodossia “non consiste nel consenso ad un sistema, ma nella partecipazione al progredire della fede è così all’io della chiesa” che è il vero soggetto del Credo[14] (n. 4). Questo porta ad affermare che per essere universale e missionaria la chiesa deve ripensare, riformulare e nuovamente vivere gli eventi e le parole rivelate da Dio all’interno di ciascuna cultura umana (9). Le “formule dogmatiche” vanno considerate come risposte a problemi precisi (n. 10) e occorre pendere coscienza che sono formulate di solito secondo il vocabolario corrente del tempo (n. 11). Mentre esse vanno intese come aiuto per le interpretazioni sempre nuove, allo stesso tempo non possono essere interpretate “avulse dall’espressione particolarmente autentica della parola di Dio nelle sacre scritture” (n. 12). Con buona probabilità questo intervento va posto in riferimento (critico) alle preoccupazioni subito manifestate nel post-concilio da parte della chiesa e che trovarono espressione nel documento del Sinodo dei Vescovi del 1967.[15] in questa prospettiva inoltre si deve ricordare il pensiero di Y. Congar sulla necessità di pensare l’espressione della fede in modo plurale e contestuale alle singole regioni ecclesiali.[16] Non sfugge come questa preoccupazione sia stata vissuta dalla catechesi in riferimento alla questione della memorizzazione e delle formule della fede.[17]
Nella analisi teologica della inculturazione si sviluppò anche il tema del rapporto tra natura e grazia. È infatti possibile una inculturazione “vera” se il termine cultura non è inteso in modo esclusivamente “antropologico” (come in uso nella antropologia culturale) ma come termine in continua tensione e collegamento con quel fondamento stabile nella realtà umana che chiamiamo “natura”. Questo mi sembra essere il messaggio fondamentale del documento della CTI del 1988[18] che fin dall’inizio afferma che "le inclinazioni fondamentali della natura umana, espresse dalla legge naturale, appaiono dunque come un'espressione della volontà del Creatore” (n. I, 2). In verità questa posizione esprime più problemi che soluzioni al tema della inculturazione.
Un terzo motivo di riflessione all’interno di una riflessione teologica sulla cultura in vista della inculturazione è stata la rinnovata teologia della creazione.[19] La creazione (natura) è resa “umana” tale dalla azione dell’uomo (cultura). Ma poiché noi siamo stati creati “in Cristo”, e poichè Cristo è la pienezza della creazione, la creazione è già nel dinamismo redentivo della grazia e l’uomo seguendo correttamente le diverse espressioni dell’agire “salvato” presenti nella creazione giunge alla piena realizzazione di sé. Ma il progredire dell’uomo nel processo salvifico avviene appunto attraverso la sua cultura. Per cui i diversi segni di salvezza presenti nella storia possono essere giustamente intesi come luoghi della inculturazione del messaggio della fede. Questi temi sono alla base della riflessione che la catechesi svolge in riferimento alla sua natura educativa.[20] Essa ritiene che esiste una “base umana” che sia veicolo alla apertura alla fede.
Sempre più viene sottolineato lo stretto rapporto tra inculturazione e teologia della rivelazione. La chiesa ha maturato progressivamente l’intuizione moderna che il “vestito” della rivelazione è culturalmente espresso.[21] DV 12 ha accolto solennemente la necessità di una lettura storico-critica in modo precedente e complementare alla lettura tipologico-allegorica e ecclesiastico-dogmatica[22], ma le discussioni sulla intepretazione di tale “primato” in rapporto al senso spirituale e alla dogmatica rimane tutt’ora molto aperto.[23] Tale intuizione profetica è stata solennemente riconfermata dal documento della PCB del 1993 nel quale si offre una panoramica esemplare del rapporto tra il documento biblico è il processo di inculturazione introducendo 3 filoni di attualizzazione del messaggio biblico come necessari al fine di una corretta interpretazione del testo: il rapporto tra testo e scienze umane (sociologia, antropologia, psicologia del profondo), tra testo e contesto liberazionista e femminista-femminile (meglio dire di “genere”).[24] Anche in conseguenza di questo nascono riflessioni “contestuali” e “continentali” sull’uso della bibbia.[25] Questo rapporto tra messaggio biblico e attualizzazione culturale mi sembra molto fecondo per il futuro della trasmissione della fede nella predicazione e nel contesto catechetico.[26]
Credo si debba ulteriormente approfondire il tema dei criteri teologici di una corretta inculturazione.[27] Il rischio è che si utilizzino criteri troppo “intraecclesiali” capaci, cioè, di salvaguardare sicuramente il dogma cristologico come ci è stato consegnato dalla tradizione ma incapace di nuove letture del mistero di Cristo e della espressione della vita cristiana. Accanto quindi ai criteri ecclesiali (l’universalità della fede) l’accento fa posto al nucleo centrale della fede cristiana. Esso va posto nella kenosi cristologica, nella ragione della sua morte e – in ultima analisi – nella corretta teologia della croce.[28] È questo punto centrale che dà senso anche al tema della Pentecoste come criterio pneumatico capace di saper cogliere in profondità l’agire di Dio nelle culture e nella storia.
Ho già indicato come la riflessione magisteriale abbia sottolineato la necessità di questa riflessione soprattutto in alcuni documenti catechistici: CD 14, GS 53, EN 20, Messaggio al Popolo di Dio 5, CT 53, RM 53. Tra questi documenti l’apporto di Dgc 1997[29] è certamente significativo. Per indicarne l’importanza e la novità sarebbe già sufficiente indicare il fatto che il tema della inculturazione sia collocato in due ambiti: sia nell’aspetto della definizione della catechesi e del suo ruolo nella missione della chiesa ; sia nella parte più propriamente metodologica.[30] Altri documenti, es. CT, si limitavano alla parte del metodo.
Inculturazione del messaggio. La Parte II “il messaggio evangelico” riprende il capitolo di Dcg 1971 dedicato alla formulazione dei criteri specifici della selezione del messaggio nella catechesi. Dopo aver ricordato il ruolo della Parola di Dio come fonte (n. 94-95) il documento si preoccupa di indicare i criteri fondamentali : il cristocentrimo trinitario (nn. 98-100); la dimensione salvifica del messaggio (nn. 101-104) ; l’ecclesialità del messaggio (n. 105); la sua dimensione storica (nn. 107-108) ; l’integrità e organicità dello stesso (nn. 111-116); ma anche la sua necessaria significatività per la persona (nn. 116-117). In questo contesto il documento parla della necessità di inculturare il messaggio (nn. 109-110).
Con l’inculturazione la catechesi assume le differenti ricchezze dei popoli per presentare il suo messaggio. Il documento definisce l’inculturazione nel modo ormai consueto : entrare in profondità nelle culture e trasformare le stesse. I verbi usati sono assumere, risanare e trasformare (Parte II, c. I, n.109). Verbi che ben descrivono la complessa struttura del rapporto fede e cultura. Da questa opzione provengono alcune conseguenze per la catechesi (n. 110) : l’attenzione al ruolo del catechista; il ruolo dei catechismi nazionali o locali ( in riferimento a CCC, n.24); la ristrutturazione del catecumenato e delle istituzioni catechistiche come un “luogo d’inculturazione”, incorporando, con discernimento, il linguaggio, i simboli, le attese e i valori della cultura nella quale vivono i catecumeni. “Presentare il messaggio cristiano in modo che renda atti i catechizzanti a “dare ragione della speranza” (1Pt 3.15) coloro che devono annunciare il Vangelo in mezzo a culture spesso pagane e a volte post-cristiane. Una apologetica ben riuscita, che aiuti il dialogo “fede-cultura”[31], si rende imprescindibile” (n.110)”. Dunque una impostazione fondamentale o apologetica della presentazione dei contenti della fede.
Proprio nella prospettiva della inculturazione del messaggio Dgc 1997 ha operato una scelta importante (anche se non senza osservazioni critiche da parte dei commentatori). Infatti mentre ha mantenuto intatta la prospettiva circa le indicazioni riguardanti i criteri per la esposizione dei contenuti come erano stati formulati nel precedente Dcg 1971; ha ampliato questo tema riferendosi al recente CCC. Il Dgc 1997 proprio per questo non dedica un capitolo specifico alla esposizione dei contenti (come già nel 1971) ma “rinvia ala Catechismo della Chiesa Cattolica, del quale intende essere strumento metodologico per la sua concreta applicazione” (n.120).
Inculturazione come metodo. Uguale importanza assume l’analisi del problema sul versante della pedagogia catechistica. In questo contesto l’inculturazione viene descritta maggiormente con i termini interiorizzazione del messaggio, e la sua integrazione nella struttura di personalità perché diventi fattore dinamico della persona (Parte IV, c.V : Catechesi in contesto socio-culturale)[32]
Ritengo molto significativo l’inserimento del n 204 :
La catechesi deve evitare ogni manipolazione di una cultura, ma nemmeno può limitarsi alla semplice giustapposizione del Vangelo «in maniera decorativa», bensì lo propone «in modo vitale, in profondità e fino alle radici della cultura e delle culture dell’uomo». Ciò determina un processo dinamico fatto di diversi momenti: ascoltare la cultura della gente come luogo ( presagio, invocazione, segno...) della Parola di Dio; discernere ciò che è autentico valore evangelico o congruo al Vangelo; purificare ciò che è sotto il segno del peccato ( passioni, strutture di male...) o dell’umana fragilità; fare breccia nelle persone stimolando un atteggiamento di conversione, di dialogo, di paziente maturazione.
Tale progressione (ascoltare, discernere, purificare, fare breccia) contiene in sé diverse azioni pedagogiche. Ascoltare indica il carattere dialogico della catechesi e soprattutto l’azione attraverso cui il destinatario è posto nella condizione di comprendere ed esprimere se stesso. Discernere e purificare sono verbi che indicano azione teologico-pastorale. Rimandano alla questione dei criteri attraverso cui avviene tale processo. Questo richiede un chiarimento ulteriore sul ruolo del soggetto agente (chiesa ?, destinatario ?, gerarchia ?). Inoltre va chiarito il ruolo attivo e passivo della cultura in rapporto al Vangelo. Fare breccia è un verbo che indica l’indagine pedagogica che riguarda l’interiorizzazione della fede e quindi l’analisi di quali fattori aiutano l’integrazione fede e vita.
Queste affermazioni vanno integrate con le parole del n. 205:
In fase di valutazione[33], tanto più necessaria in caso di tentativo iniziale e/o sperimentazione, si porrà attenta cura nell’accertare se nel processo catechistico si siano infiltrati elementi di sincretismo. In tale caso i tentativi di inculturazione risulterebbero pericolosi ed erronei e vanno rettificati. In termini positivi, è corretta quella catechesi che non soltanto provoca assimilazione intellettuale del contenuto di fede, ma tocca anche il cuore e trasforma la condotta. In questo modo la catechesi genera una vita dinamica ed unificata dalla fede, colma il fossato tra creduto e vissuto, tra il messaggio cristiano e il contesto culturale, stimola frutti di santità.
La seconda parte del paragrafo riprende il tema dell’assimilazione profonda ovvero del grande tema della metodologia catechistica contemporanea espresso con il termine integrazione fede e vita[34]. E’ necessaria una catechesi che non solo sia preoccupata della comprensione e assimilazione intellettuale, ma che arrivi al cuore cioè guidi la “condotta”. Questo è quanto afferma il n. 207 “forme e vie privilegiate”:
Tra le forme più atte all’inculturazione della fede giova ricordare la catechesi dei giovani e degli adulti, per le possibilità di correlare più incisivamente fede e vita. L'inculturazione della fede non può essere disattesa nell'iniziazione cristiana dei piccoli proprio per le notevoli implicanze culturali di tale processo: acquisizione di nuove motivazioni di vita, educazione della coscienza, apprendimento del linguaggio biblico e sacramentale, conoscenza dello spessore storico del cristianesimo.
Via privilegiata è la catechesi liturgica, per la ricchezza di segni con cui viene espresso il messaggio e per l'accessibilità a tanta parte del popolo di Dio; vanno pure rivalorizzati i contenuti dei Lezionari , la struttura dell'anno liturgico, l’omelia domenicale ed altre occasioni di catechesi particolarmente significative (es. matrimoni, funerali, visite a malati...); centrale rimane la cura della famiglia, agente primario di avvio ad una trasmissione incarnata della fede; peculiare interesse riveste la catechesi in situazione multietnica e multiculturale, in quanto conduce ancora più attentamente a scoprire e a tener conto delle risorse dei diversi gruppi nell’accogliere e riesprimere la fede.[35]
Ritengo importante
questo paragrafo per alcuni motivi. Inculturazione è intesa come processo che
accompagna la persona e non solo come fatto culturale (riespressione della fede
nelle differenti espressioni concettuali). Soprattutto viene ricordato che
l’età propria di tale processo è quella giovanile e degli adulti. Questo
rimanda alla questione del ruolo delle altre catechesi e del significato dei
sacramenti nella formazione cristiana. Viene affrontato indirettamente il
compito della trasmissione della socializzazione religiosa dei piccoli si parla
di inculturazione come del processo di interiorizzazione della fede nella persona.
Questo tema, già presente in Dcg 1971, 21 e CT, 18-20) fa riferimento alla
maturità di fede e allo sviluppo dell’atteggiamento religioso proprio della
persona.
Di non minore importanza è il n. 208 riguardante il tema del rapporto tra catechesi e il linguaggio. Il paragrafo fa proprie le acquisizioni della metodologia catechistica: attenzioni alla pluralità delle fonti e rilevanza esistenziale (catechesi antropologica) del messaggio della fede. Queste indicazioni sono preziose ma insufficienti nella prospettiva della inculturazione intesa come integrazione fede-vita.
Sul piano teologico occorre riflettere non solo sulla importanza del recupero delle fonti-linguaggi ecclesiali quanto sulle ripresentazioni della fede nei linguaggi culturali. Sul piano più pedagogico, inoltre, oggi viene sollevata la questione del valore antropologico del linguaggio.[36] Esso esprime simbolicamente la progettualità dell’individuo e delle comunità. Per cui ogni individuo si riappropria del simbolo entrando in esse e individuando nuovi simboli. E’ in questo versante l’ipotesi della catechesi come attività simbolica: aiutare la comunità a produrre simboli attraverso la decodificazione dei propri simboli culturali. La questione già affrontata da Rahner va anche sotto il nome di formule brevi della fede.[37]
I nn. riferiti al rapporto tra inculturazione e i mezzi di comunicazione come pure il riferimento all’uso dei catechismi come strumenti di inculturazione (n. 210) non possono essere qui trattati. Così i temi riferiti alle attuali tendenze culturali o ambiti antropologici e il ruolo delle chiese locali.
Va quindi sottolineato il merito di Dgc 1997 di aver sottolineato che lo specifico apporto della catechesi all’inculturazione sta proprio nel suo processo educativo-formativo fortemente centrato sul processo di integrazione-interiorizzazione del messaggio.
Come ci fa intendere Gevaert (1993, 9)[38] la catechesi si è trovata presto a fare i conti con il tema della cultura e proprio nella prospettiva ora individuata in Dgc 1997.
Questa affermazione non deve mettere in ombra la ricerca che la catechesi ha svolto in riferimento al tema della inculturazione del messaggio. Per quanto riguarda il movimento catechistico italiano vanno segnalati alcuni luoghi che si importanti:
1. innanzitutto la ricerca sul “linguaggio adatto” al catechismo degli adulti e la riflessione di autori come E. Franchini e C. Molari[39]
2. in secondo luogo con due indagini svolte dal Gic (Gruppo Italiano Catecheti – ora Aica: Associazione Italiana Catecheti. Nel 1986 svolse un convegno sulla “istanza veritativa nella catechesi” e nel 1987 un convegno su “catechesi e cultura attuale.[40]
Riflettendo sul rapporto tra Cultura e Catechesi nella prospettiva indicata appare che all’inizio la riflessione sul tema si è posto come indagine sul problema della mentalità (moderna). La questione è già presente nelle riflessioni delle Settimane catechistiche[41] che viene discussa domandandosi come mai l’uomo contemporaneo fa fatica ad interiorizzare il messaggio del Vangelo trasmesso dalla chiesa.
Tra i primi ad affrontare tale questione ricordiamo le riviste Lumen Vitae (1958)[42], Orientamenti Pedagogici (1961) e Catéchèse (1962) che dedicarono alcuni numeri proprio a tale questione.
L’analisi del “divorzio” tra mentalità e Vangelo (fede e vita) divenne uno dei punti di analisi di Gc. Negri[43] che già agli inizi degli anni ’60 rifletteva su questo tema superando la tradizionale impostazione che spiegava il fenomeno o come insufficienza di istruzione come incoerenza etica. Egli insisteva nell’affermare che il cuore del problema è nell’analisi della “significanza” del rapporto tra messaggio e situazioni di vita in modo che l’annuncio divenga fattore motivante l’agire della persona. Dunque un difetto di offerta formativa oltre che di rifiuto della proposta. Per superare l’acquisizione formale delle verità (cioè acquisizione di verità in modo che non informano, non danno forma alla vita) è necessario che il catechista impari a modellare il messaggio in riferimento al sistema di apprendimento vitale della persona.
J. Bournique[44] affronta il tema attraverso una riflessione antropologica: l’analisi del fenomeno “mentalità” e la proposta di poter utilizzare alcune delle espressioni del linguaggio moderno. Soprattutto mette l’accento dell’analisi del “processo” attraverso cui si forma la mentalità e come la religione vi entri o ne resti esclusa. La mentalità agisce dentro di noi come un filtro che assimila o rifiuta il mondo esterno secondo impropri criteri. Una mentalità si forma all’interno di un clima fortemente affettivo e dentro un ambiente vitale. Per cambiare una mentalità è necessaria una azione pedagogica continua fondata sulla necessitò di prendere coscienza dell’attuale stato di mentalità e di una proposta che faccia continuamente riferimento alla propria esperienza personale.[45]
Il tema venne ripreso da Gc. Milanesi in un saggio dimenticato.[46] Egli riprende le riflessioni di Gc Negri analizzando in modo pià analitico il rapporto tra persona e cultura (non si usa più il termine mentalità). Ne nasce una intuizione di pedagogia religiosa (analisi dei “fattori della integrazione”) che ancora oggi sono di notevole importanza. Egli sottolinea una catechesi capace di istruzione “strutturata” e autogiustificantesi, in continuo riferimento alle situazioni di vita che di amolta attenzione alla dimensione sociale del gruppo, che miri a sviluppare personalità libere e critiche, che si colleghi con una pastorale d’insieme (Milanesi 1970, 72-75).
Un ampio spazio all’analisi delle mentalità in rapporto alla catechesi viene data da J. Colomb nel secondo volume della sua catechetica.[47] Nella Parte Seconda ai cc. 1-2 descrive come si può identificare il tratto culturale di una mentalità, sottolinea il rapporto tra mentalità e catechesi. Egli riprende la tesi già affermata dal Bournique: la mentalità è una forza positiva e negativa allo stesso tempo. Conviene che la catechesi allo stesso tempo rispetti ma anche purifichi la mentalità del destinatario. Punto centrale sarà l’opera di presa di coscienza che la catechesi deve perseguire nella sua azione. Ma è anche necessario che il catechista stesso verifichi il suo proprio senso. critico nel presentare la fede. Nei cc. 3-9 descrive al alcuni aspetti della cultura europea occidentale. La sua conoscenza è importante se la catechesi non vuole trovarsi davanti ad uno “sconosciuto” (Colomb 1970,2,463).
In un'altra prospettiva geografica, ma in continuità di analisi, si colloca la riflessione di T.H. Groome.[48] Il modello della condivisione percorre la sua riflessione nella quale la presa di coscienza della cultura dei destinatari acquista un ruolo importante. La catechesi si configura come un processo di progressiva acculturazione intesa come confronto continuo tra l’esperienza vita della persona e il messaggio evangelico. Il modello si realizza in 5 passaggi: la coscientizzazione della propria matrice culturale, l’analisi del rapporto tra la propria dimensione culturale e il proprio vissuto, l’approfondimento critico di tale vissuto, il confronto con le fonti della fede cristiana, la rielaborazione anche linguistica della propria fede.[49]
La riflessione catechetica raggiunge attuale sintesi con le riflessioni di A. Fossion e J. Gevaert. Il catecheta di Lumen Vitae afferma[50] che ormai la inculturazione è parte integrante del concetto di catechesi. Egli sviluppa la sua riflessione in ordine alla inculturazione dei luoghi (c. 11), dei contenuti (c. 12) e della pedagogia (13)[51]. Nella stessa linea si muove J. Gevaert 1993 per il quale il tema va affrontato attorno a due temi fondamentali: l’analisi del pensiero moderno e la riorganizzazione della catechesi.
Le sollecitazioni di Dgc 1997 (tese a sviluppare i tema dell’inculturazione non solo come questione dei contenuti della fede, ma anche come ripensamento della catechesi dentro il processo (cioè sviluppo) culturale della persona all’interno di un gruppo sociale) danno ragione, quindi, del lungo cammino della catechetica contemporanea. La catechesi e le diverse forme di pedagogia religiosa avvertono sempre più l’esigenza di “favorire la preparazione del terreno” perché avvenga l’accoglienza del messaggio. Questa complessità porta a sperimentare diverse strade e forme di realizzazione. Tuttavia lo stesso uso linguistico dei termini manifesta la provvisorietà e i tentativi che sono in atto.
Interiorizzare significa radicare il Vangelo nella parte interiore della persona che biblicamente è chiamata: cuore. Quindi significa integrare il messaggio e la proposta cristiana nell’insieme della vita dei credenti o di coloro a cui viene rivolto. Questi sono invitati a “farlo proprio” cioè a personalizzare lo stesso Vangelo nelle differenti storie delle persone in modo tale che il Vangelo crei nuove forme di vita cristiana inculturandosi nei differenti contesti.[52]
Un aspetto importante di questo processo è la ricerca in atto tendente a ripensare l’itinerario (o gli itinerari) formativi nella comunità cristiana a partire dalla realtà psico-sociale del destinatario. In questo modo il destinatario diventa il soggetto stesso del cammino di fede. Questa impostazione va oltre il tema della dimensione antropologica della catechesi. Essa si basa sulla analisi di come le persone arrivano alla propria identità e adeguano su tale cammino la propria offerta formativa. In questa prospettiva alcuni mettono l’accento sullo sviluppo delle dimensioni umane che formano la base della costruzione della personalità cristiana. Più recentemente si pongono altre prospettive.
Interiorizzare la dimensione religiosa della persona. l’interesse di fondo di queste ricerche stanno nella ipotesi che esista un cammino di maturazione della dimensione religiosa comune a molti contesti culturali e quindi personali. I primi contributi della psicologia della religione vennero sul versante della “purificazione” del giudizio religioso. Tra questi studiosi vanno citati A. Vergote, A. Godin, Gc. Milanesi e M. Aletti e recentemente G. Sovernigo. Tra i catechesi che meglio hanno sfruttato queste indicazioni va ricordato J. Colomb. In questa prospettiva il problema maggiore consiste nell’aiutare le nuove generazioni a superare la visione infantile di Dio e della religione. Tali “infantilismi” hanno origine nel rapporto tra sentimento religioso e proiezione delle figure parentali. Essi vengono descritti come magismo e animismo e hanno come contenuto il tentativo di utilizzare la potenza del divino ai propri fini.[53]
Altri studiosi hanno analizzato in modo più analitico e complessivo il fenomeno dello sviluppo religioso. Tra essi J. Fowler e F. Oser. Essi utilizzano sia la nozione di “atteggiamento” che quella di “identità” e combinando insieme le ricerche di W. G. Allport e di E.H. Erikson tentano di descrivere la genesi e lo sviluppo di quella parte dell’identità della persona che è rappresentata dalla dimensione religiosa all’interno del complesso sviluppo della personalità stessa. In fondo essi analizzano la nascita e la formazione della decisione vitale verso la “fede”. Nella diversità delle posizioni essi si trovano in accordo sul fatto che la maturità della religione-fede avviene ed è resa possibile all’interno della maturazione della capacità progettuale per cui educare lo sviluppo religioso significa educare la capacità dell’individuo a progettare se stesso. In Oser questo processo richiede la precisa presa di posizione verso Dio inteso come orizzonte della progettualità umana mentre in Fower questo aspetto è meno individuato. Seguono queste riflessioni diversi autori italiani[54] ma non appare ancora definito un curricolo formativo in tale prospettiva.
Accompagnare cristianamente lo sviluppo della personalità e i compiti vitali. Una prospettiva diversa, ma complementare alla precedente, (Meddi 1994, 184-187.196) nasce dal tentativo di esaminare più attentamente come può essere favorito il “sì” alla fede. Essa nasce dalla osservazione che ciascuna persona nell’arco della propria esistenza e del suo ciclo vitale “ha qualcosa da fare” per essere persona. Questo si manifesta come “compito vitale” ossia bisogno che gerarchizza, seleziona e integra l’insieme delle spinte motivazionali in rapporto alle offerte culturali proprie del suo tempo. In altri termini si può affermare facilmente che la persona nelle singole età è pre-occupata circa l’affermazione della propria realizzazione e che tale situazione agisce come selezionatore di esperienze e di valori e quindi come fattore principale di integrazione di personalità.
L’azione educativo-cristiana dovrebbe quindi agire come offerta di umanizzazione che rende capace di rispondere a tali bisogni e costruire un orientamento autentico della vita. Il raggiungimento di questa condizione di base della struttura di personalità rende possibile e significativo il rapporto autentico con la fede e quindi la sua piena integrazione. In questo modo la fede raggiungerebbe la sua natura di atteggiamento fondamentale della persona perché fondante. Molti sono gli autori che, anche se in modo diversi, sperimentano questa via.[55]
Il fecondo rapporto , quindi, tra catechesi e inculturazione si gioca su diversi livelli. Alla sua base si configura come necessità e possibilità di un nuovo modo di impostare l’itinerario formativo. Al centro viene posta la realtà del modo di realizzare lo sviluppo da parete di ogni persona in modo che lo sviluppo umano e quello generato dalla fede non sia separato o sovrapposto, ma generi una unica identità e un unico processo culturale.
Luciano Meddi
Istituto Superiore di catechesi e Spiritualità Missionaria
nella facoltà di Missiologia
della Pontificia Università Urbaniana.
[1] PENNA R., Vangelo e inculturazione. Studi sul rapporto tra rivelazione e cultura nel Nuovo Testamento, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2001; Bibbia, Filosofia, cultura, in Euntes Docete, n.s., 1999,52,1-2; CASTELLO G., Inculturazione e studio della bibbia, in SARNATARO C. (a cura), La terra e il seme. Inculturazione ed ermeneutica della fede, Napoli, D'Auria Editore, 1998, 39-52; DEIANA G., Bibbia e culture, in Euntes Docete, n.s., 1998,51,1, 47-60; FABRIS R., Bibbia e culture: storia dell'ermeneutica, in Ricerche Storico Bibliche, 1998, X, 5-25; SCIPPA V., L'antico testamento e le culture del tempo, in SARNATARO C. (a cura, 1998, 53-96.
[2] STOCKMEIER P., Ellenismo e cristianesimo, in RAHNER K. (a cura), Sacramentum Mundi, Brescia [Freiburg im Breisgau], Morcelliana [Herder], 1975 [1967-1969], 3, coll. 429-442; HÜNERMANN P., Evangelizacion y cultura en la historia de la Iglesia, in AA.VV. (Collegio Màximo de San Josè Facultad de Teologia Univesidad del Salvador), Evangelizaciòn de la cultura e inculturaciòn del Evangelio, Buenos Aires, Editorial Guadalupe, 1988, 27-49; COMBLIN J., La forza della parola, Bologna, EMI, 1989, 81-145;VISONÀ G., La prima teologia cristiana: dal Nuovo Testamento ai Padri apostolici, in DAL COVOLO E. (a cura di), Storia della teologia. Dalle origini a Bernardo di Chiaravalle, Bologna, Edr-Edb, 1995, 23-44; KUNG H., Cristianesimo. Essenza e storia, Milano, Rizzoli, 1997 [1994], 119-285; MARTINA G., Evangelizzazione e inculturazione, in MARTINA G.-DOVERE U., Il cammino dell'evangelizzazione. Problemi storiografici, Bologna, il Mulino, 2001, 9-39.
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[4] PALAZZINI P., L'opera svolta dalla S. Congregazione per il Clero nel campo catechistico, in SACRA CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Atti del II Congresso Catechistico Internazionale di Roma, 20-25 settembre 1971, Roma, Studium, 1972, 187-212; VALADIER P., La chiesa chiamata in giudizio. Cattolicesimo e società moderna, Brescia, Queriniana, 1989 [Paris 1987]; AA VV, La predicazione in Italia dopo il Concilio di Trento tra cinquecento e settecento. Atti del X convegno di Studio dell'Associazione Italiana dei Professori di Storia della Chiesa, Roma, EDR, 1996; DOTOLO C., La teologia fondamentale davanti alle sfide del "pensiero debole" di G. Vattimo, Roma, Las, 1999, 43-158; BOSCH D.J., La trasformazione della missione. Mutamenti di paradigma in missiologia, Brescia [New York], Queriniana [Orbis Book], 2000 [1991], c. 10.
[5] CARRIER H., Vangelo e culture da Leone XIII a Giovanni Paolo II, Roma, Città Nuova, 1990.
[6] Questa posizione della chiesa si esprime progressivamente con toni sempre meno polemici verso la “modernità” (civiltà moderna contrapposta a quella religiosa). Tanto che le singole posizioni si faranno sempre più definite con passare degli anni.
[7] CONGAR Y., Cristianisme comme foi et comme culture, in AA.VV., Evangelizzazione e culture. Atti del congresso internazionale scientifico di missiologia. Roma, 5-12 ottobre 1975, Roma, Urbaniana University Press, 1976, 83-103; DHAVAMONY M., Problematica dell'inculturazione del vangelo oggi, in AA.VV. (Collegio Màximo de San Josè Facultad de Teologia Univesidad del Salvador), 1988, 107-126; AZEVEDO M.de C., Inculturazione. I. La problematica, in LATOURELLE R.-FISICHELLA R (direttori), in Dizionario di Teologia Fondamentale, Assisi, Cittadella, 1990, 576-587; NECKEBROUCK V., La terza chiesa e il problema della cultura, Cinisello Balsamo, EP, 1990; FINI M., Evangelizzazione e inculturazione , in STUDIO TEOLOGICO ACCADEMICO BOLOGNESE (Serie Seminario Regionale), a cura di MANICARDI E., Teologia ed evangelizzazione, Bologna, Edb, 1993; GEVAERT J., Catechesi e cultura contemporanea, Torino, Ldc, 1993, 15-48; ASCENZI A., Saggio di bibliografia scelta, in FIORINI G. (a cura di), Inculturazione. Dimensioni e linguaggi di incarnazione, Viterbo, Istituto Filosofico-Teologico Interprovinciale dei Frati Minori Cappuccini, 1996, 231-247; CROLLIUS A.R., Inculturazione , in KAROTEMPREL S. (ed.), Seguire Cristo nella missione. Manuale di missiologia, Cinisello Balsamo, San Paolo, 1996, 125-136; ANTHONY F.-V., Ecclesial praxis of inculturation. Towards an Empirical-theological Theory of Inculturizing Praxis, Roma, Las, 1997; BOSCH D.J., La trasformazione della missione. Mutamenti di paradigma in missiologia, Brescia [New York], Queriniana [Orbis Book], 2000 [1991], c. 12.
[8] ROSSANO P., Acculturazione dell'evangelo, in AA.VV., Evangelizzazione e culture…, 1976, v. I, 104-116.
[9] Ma LOPEZ GAY J., Pensiero attuale della chiesa sull'inculturazione, in AA.VV., Inculturazione. concetti-problemi-orientamenti, Roma, Centro Ignatianum Spiritualitatis, 1979, 9 segnala che la traduzione italiana non è adeguata perché il termine latino utilizzato è “inculturationis”.
[10] MIETH D.-SCHILLEBEECKX E.-SNIJDEWIND H., Universalità e regionalità della teologia nel XX secolo. Scritti in onore di Rosino Gibellini, Brescia, Queriniana, 1996; Catechesi in contesto, in Catechesi Missionaria, 1999,15,2; AMALADOSS M., Oltre l'inculturazione. Unità e pluralità delle chiese, Bologna [Dehli], Emi [ISPCK], 2000 [1998]; Bosch 2000, c. 12; MIDALI M., Teologia pratica 2. Attuali modelli e percorsi contestuali di evangelizzazione, Roma, Las, 2000.
[11]GIGLIONI P., Inculturazione. Teoria e prassi, Città del Vaticano, LEV, 1999; SASSI S., L'inculturazione della fede, in Vita Pastorale, 2001,4 in www.sanpaolo.org/vita.htm .
[12] ARRUPE P., catechesi e inculturazione, in Il Regno-doc., 1978,1, 42-43 e anche Lettera del P. Arrupe sull'inculturazione (14 maggio 1978), in AA.VV., Inculturazione…, 1979, 144-153.
[13] Commissione Teologica Internazionale, L'unità della fede e il pluralismo teologico, in EV 4, 1801-1815,1972; cf. MARRANZINI A., Unità di fede e pluralismo teologico, in MARRANZINI A. (a cura di), Correnti teologiche post/conciliari, Roma, Città Nuova, 1974, 265-292; BONIFAZI D., Discussioni recenti sul pluralismo teologico e l'apertura della chiesa alle culture, in AA.VV., Evangelizzazione e culture…, 1976, I, 165-172; HENN W., Pluralismo teologico , in LATOURELLE R.-FISICHELLA R., 1990, 852-855.
[14] Su questo il felice c. 2 del CCC, nn.142-184.
[15] SINODO DEI VESCOVI, Opinioni pericolose e ateismo, 28 ottobre 1967 in EV 2, 1714-1725.
[16] Congar 1976 (traduzione italiana in Il Regno-doc. 1976, 38-43).
[17] ALBERICH E., La "gerarchia delle verità" nella catechesi post-conciliare, Ad Gentes , 1998,2, 173-181.
[18] COMMISSIONE TEOLOGICA INTERNAZIONALE, Fede e inculturazione, 3-8 ottobre 1988 in EV 11, 1347-1424 (cf. Civiltà Cattolica 134,1989, I,158-177; Regno Doc. 9,1989, 275-282). Sul dibattito cf. MONTANI M., Filosofia della cultura. Problemi e prospettive, Roma, Las, 1996.
[19] MOLARI C., La salvezza cristiana nella moderna teologia cattolica, in ATI, La salvezza cristiana, Assisi, cittadella, 1975, 35-118; COLZANI G., Creazione, in Dizionario Teologico Interdisciplinare I, 1977, 601-614; PIANA G., Creazione e salvezza nella rivelazione biblica, in AA.VV., in CredereOggi, 1981,1, 2, 83-93; MOLARI C., La fede professata. Il Catechismo della Chiesa Cattolica e modelli teologici, Milano, Paoline, 1996.
[20] MEDDI L., La catechesi oltre. Il servizio catechistico nella prospettiva missionaria ed evangelizzatrice, in Euntes docete , 2002,40,2, 113-141; GROPPO G., Teologia dell'educazione. Origine, identità, compiti, Roma, Las, 1991.
[21] NEUNER J.-ROSS H.-RAHNER K., La fede della chiesa nei documenti del Magistero Ecclesiatico, Roma, Studium [Friedrich Pustet Regensburg], 1967, c. I; BROWN R.E.-COLLINS T.A. Pronunciamenti della chiesa, in BROWN R.E.-FITZMYER J.A.-MURPHY R.E., Nuovo grande commentario biblico, Brescia [New Jersey], Queriniana [Prentice Hall], 1997 [1990], 72:3-11; DOTOLO C., La rivelazione cristiana. Parola evento mistero, Milano, Paoline, 2002, c. 3.
[22] BISSOLI C., La Bibbia
nell'azione pastorale e nella catechesi. problemi - orientamenti - metodi,
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metodo storico-critico nell'esegesi biblica (secoli XVII-XIX), in FABRIS R. (a cura), La Bibbia nell'epoca moderna e contemporanea,
Bologna, Edb, 1992, 103-145; POLLASTRI A.-COCCHINI F., Bibbia e storia nel
cristianesimo latino, Roma, Borla,
1988; GREENSLADE S.L. (a cura), The Cambridge History of the Bible. The West from the Reformation to the
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[23] DE LA POTTERIE I., L'interpretazione della scrittura nello Spirito in cui è stata scritta (DV 12,3), in LATOURELLE R. (a cura di), Vaticano II. Bilancio e prospettive venticinque anni dopo (1962-1987). I, Assisi, Cittadella, 1987, 204-242; FREYNE S., Bibbia e teologia: una tensione non risolta, in Concilium, 1999, 35, 1, 35-43; 0'COLLINS G.-KENDALL D., Bibbia e Teologia. Dieci principi per l'uso teologico della scrittura, Cinisello Balsamo [San Francisco], San Paolo , 1999 [1997].
[24] Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Citta del Vaticano, LEV, 1993; FITZMYER J.A., The Biblical Commission's Document "The Interpretation of The Bible in the Church". Text and Commentary, Roma, PIB, 1995; SEGALLA G., Approcci contestuali: ermenutica liberazionista e femminista, in Pontificia Commissione Biblica, L'interpretazione della Bibbia nella Chiesa, Torino, Ldc, 1998, 222-242.
[25] FAVERO G., Lettura della Bibbia nel contesto religioso e socioculturale dell'India contemporanea, Brescia , Queriniana, 2001; GROPPELLI V., L'America Latina rilegge il messaggio biblico della liberazione, Brescia , Queriniana, 1999; POUCOTA P., Letture africane della Bibbia, Brescia, Queriniana, 1999.
[26] GHIBERTI G., La Bibbia nel cammino di fede oggi, in SERVIZIO NAZIONALE DELLA CEI PER IL PROGETTO CULTURALE , Libertà della fede e mutamenti culturali. III Forum del Progetto Culturale, Bologna, Edb, 2000, 269-271; BETORI G., La Bibbia nella vita della Chiesa in Italia oggi, in Rivista Biblica, 1999, 47, 185; MOSETTO F., Bibbia e progetto culturale, in SERVIZIO NAZIONALE DELLA CEI PER IL PROGETTO CULTURALE , L'Europa sfida e problema per i cattolici. Secondo forum del progetto culturale, Bologna, Edb, 1999, 245-247; BISSOLI C., Letture attuali della Bibbia, in GEVAERT J. (a cura), Dizionario di Catechetica, Torino, Ldc, 1986, 379-380; GERMAIN E., Langage de la foi a travers l'histoire, Paris, Fayard-Mame, 1972. Questa è, in parte, la preoccupazione di due grandi catecheti: MORAN G., Catechesi of Revelation, New York, Herder & Herder, 1966 e HALBFAS H., Linguaggio ed esperienza nell'insegnamento della religione. Una nuova linea per la catechesi, Roma-Brescia, Herder-Morcelliana, 1970.
[27] DOTOLO C., La proposta del vangelo tra globalizzazione e post-modernità, in BALLAN R. (a cura), Partire dal suo volto. Lettura missionaria della Novo Millennio Ineunte, Bologna, Emi, 2002, 69-78; BORDONI M., Le inculturazioni della cristologia e la tradizione cristologica della Chiesa, in COLZANI G.-GIGLIONI P.-KAROTEMPREL S. (a cura di), Cristologia e Missione oggi. Atti del Congresso Internazionale di Missiologia. Pontificia Università Urbaniana-International Association of Catholic Missiologist. Roma 17-20 ottobre 2000, Roma, Urbaniana University Press, 2001, 67-81; DE SOUZA C., Le implicanze culturali dell'evangelizzazione oggi (Evangelizzare in un contesto plurireligioso e multiculturale/1), in Catechesi, 2000, 69, 1, 10-16; FINI F., Rivelazione e inculturazione, in Il Regno-att., 2000,45,18, 589; AMATO A., Criteri di inculturazione, in FISICHELLA R. (a cura di ), Il Concilio Vaticano II. Recezione e attualità alla luce del Giubileo, Cinisello Balzamo, San Paolo, 2000, 585-592; BOISMARD M.-E., All'alba del cristianesimo. Prima della nascita dei dogmi, Casale Monferrato [Paris], Piemme [Cerf], 2000 [1998]; DUPUIS J., Il Regno di Dio e la missione evangelizzatrice della chiesa, Ad Gentes , 1999,3,2, 133-155; Alberich in Ad Gentes, 1998,2, 173-181; GEVAERT J., Inculturazione, in Dizionario di Catechetica, Torino, Ldc, 1986, 339-340; CROLLIUS ROEST A. A., Per una teologia pratica dell' inculturazione , in AA.VV., Inculturazione. concetti-problemi-orientamenti, Roma, Centro Ignatianum Spiritualitatis, 1979, 36-53.
[28] Mi sembrano esemplari da questo punto di vista le indicazioni di Crollius Roest 1979, del Messaggio del Sinodo straordinario dei Vescovi 1985, II,D,2.
[29] Congregazione per il clero, Direttorio Generale per la Catechesi, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1997.
[30] È di grande aiuto fare il confronto tra l’edizione pubblicata e le bozze precedenti.
[31] Il testo della Bozza 1996 diceva : “fede-scienza”.
[32] N.203 : Compiti di una catechesi di inculturazione: Una catechesi di inculturazione si prefigge un insieme organico di compiti che sono qui sinteticamente espressi: conoscere le culture in profondità, e nella reciproca interazione; riconoscere la presenza della dimensione culturale nello stesso Vangelo; annunciare la trasformazione che il Vangelo opera nella cultura, in quanto forza «trasformatrice e rigeneratrice» (CT 53); testimoniare la trascendenza e il non esaurimento del Vangelo nella cultura; promuovere una nuova espressione del Vangelo secondo la cultura evangelizzata, mirando ad un linguaggio della fede che sia patrimonio comune tra i fedeli e quindi fattore di comunione.
[33] In Bozza 1996 : “In fase di valutazione, certamente necessaria tanto più quanto si fanno dei tentativi di sperimentazione, un criterio negativo, ossia di inculturazione deformata è la giustapposizione o il sincretismo, perché in tale caso l’integrazione della fede cristiana con fedi e valori non cristiani non avviene veracemente ne vitalmente.
Detta al positivo, è corretta quella catechesi che non soltanto provoca assimilazione intellettuale del contenuto di fede, ma tocca anche il cuore e mira alla condotta. In questo modo genera un vita dinamica ed unificata dalla fede, colma il fossato tra il creduto e il vissuto, tra il messaggio cristiano e il contesto culturale, stimola frutti di santità.”
[34] Cf. MEDDI L., Integrazione fede e vita. Origine, sviluppo e prospettive di una intuizione di metodologia catechistica italiana, Torino, Ldc, 1995.
[35] E’ interessante confrontare questo testo con quello di Bozza 1996: “Tra le forme più atte all’inculturazione della fede giova ricordare la catechesi degli adulti, per le possibilità più incisive di integrare fede e vita; la catechesi liturgica per la ricchezza di segni che rendono comprensibile il messaggio ed insieme per la sua estensione popolare; va pure ridato valore all’omelia domenicale ed altre occasioni di catechesi particolarmente significative (es. matrimoni, funerali, visite a malati...); centrale rimane la cura della famiglia, agente primario di avvio all’inculturazione e trasmissione della fede. Peculiare interesse riveste la catechesi in situazione multietnica e multiculturale: provoca a scoprire e tener conto delle risorse peculiari dei diversi gruppi nell’accoglienza della fede e nella sua riespressione”.
[36] TRENTI Z., Opzione religiosa e dignità umana, Roma, Armando Armando , 2001, Parte seconda, 99-183. Cf ID., Linguaggio e Linguaggio religioso (teologico) in ISTITUTO DI CATECHETICA UNIVERSITA' SALESIANA / TRENTI Z.- PAJER F.- PRENNA L.-MORANTE G. - GALLO L., Religio. Enciclopedia tematica della educazione religiosa. Catechesi - Scuola - Mass Media, Casale Monferrato, Piemme, 1998, 705-710; ID., Educare alla fede. Saggio di pedagogia religiosa, Torino, Ldc, 2000, c. 10; MOLARI C., Cosa significa dire oggi al mondo l'evento Gesù, in Ad Gentes, 2000, 4, 2, 215-236.
[37] Su questo argomento cf. MEDDI L., Educare la fede. Lineamenti di teoria e prassi della catechesi, Padova, EMP, 1994.
[38] Cf anche ALBERICH E., L'inculturazione nella catechesi, Studia Missionalia, 1995, 44, 161-182 e La catechesi oggi. Manuale di catechetica fondamentale, Torino, Ldc, 2001, 100-107.
[39] AA.VV., La catechesi degli adulti. Nuova scelta pastorale della chiesa italiana, Bologna, Edb, 1978; FRANCHINI E., Rinnovare il messaggio. Per una riacculturazione del messaggio cristiano, Bologna, Edb, 1978; MOLARI C., Il linguaggio della catechesi. Problemi e prospettive, Roma, EP, 1986. Cf. MEDDI L., L'esercizio della profezia. La catechesi nelle comunità adulte nella fede, in MEDDI L. (a cura di), Diventare cristiani. La catechesi come percorso formativo , Napoli, Luciano Editore, 2002, 196-211.
[40] GIC, L'istanza veritativa nella catechesi. Atti del convegno 1986, Roma,1986 (con intereventi di COLZANI G., Il problema dell'istanza veritativa e le sue implicazioni catechistiche, 13-17, e ALBERICH E., L'attenzione alla verità nell'atto catechistico, 29-44; GIC, Catechesi e cultura attuale, Roma,1987 con interventi di TAGLIAFERRI F., Il tipo di "cultura" soggiacente al documento di base "il rinnovamento della catechesi", 11-30; GRAMPA G., Lettura genetica delle espressioni attuali della cultura italiana, 31-66.
[41] ERDOZAIN L., L'évolution de la catéchèse. Paronamique de six Semaines Internationales de Catéchèse, in Lume Vitae, 1969,24,4, 575-599.
[42] Mentalité tecnique et ensignement religioux, in Lumen Vitae, 1958,12,4 e DONDEYE A., Le chrétien devant le monde d'aujour'hui, in Lumen Vitae, 1958,12,4, 623-631 ; In verità già prima aveva lavorato su questo tema MOELLER C., Jesus-Christ dans la mentalité moderne, in Lumen Vitae, 1952,7,4, 549-567. La sua metodologia, riassunta anche in MOELLER Ch., Mentalità moderna e evangelizzazione, Roma, EP, 1964 [1962], consiste nel continuo raffronto tra la letteratura contemporanea e le ragioni del dogma della fede. Cf. anche ID.., Letteratura moderna e cristianesimo. I. Il silenzio di Dio, Milano [Turnai-Parigi], Vita e Pensiero [Casterman], 1973 [1964].
[43] NEGRI Gc., Considerazioni sul fenomeno della dissociazione tra sapere religioso e mentalità di vita, in Orientamenti Pedagogici, 1961,8, 269-297; cf. Meddi 1995, c. 4.
[44] BOURNIQUE J., La découverte des mentalités, in Catéchèse, 1962,2, ., 142 ss.
[45] Su questa linea anche l’intervento dell’allora direttore dell’Ufficio Catechistico di Parigi SAUDREAU M., La catéchèse face aux mentalités, in Catéchèse, 1962,2, 161-187.
[46] MILANESI Gc., Integrazione tra fede e cultura, problema centrale della pastorale catechetica, in Orientamenti Pedagogici, 1967,14,3, 547-589; poi pubblicato in ID., Ricerche di psico - sociologia religiosa, Roma, Pas-Verlag, 1970, 59-75.
[47] COLOMB J., Al servizio della fede. Manuale di catechetica, 2, Torino, Ldc, 1970, 445-546. Cf. anche COLOMB J., Per una fede personalizzata e sempre in crescita, in AA.VV., La catechesi degli adulti. Nuova scelta pastorale della chiesa italiana, Bologna, Edb, 1978, 55-72.
[48] GROOME T.H., Christian religious education. Sharing our story and vision, United Kingdom, HarperColins Publishers Ltd., 1980. Il suo pensiero è sintetizzato in GROOME T.H., Inculturazione: come procedere in un contesto pastorale, in Concilium ,1994, 30,1, 159-176.
[49] Una esposizione simile si troverà in AZEVEDO M.de C., Inculturazione. I. La problematica, in Dizionario di Teologia Fondamentale, 1990, 576-587, qui 585.
[50] FOSSION A., La catéchèse dans le champ de la communication. Ses enjeux pour l'inculturation de la foi, Paris, Cerf, 1990 ; cf. FOSSION A., Comunicazione della fede, inculturazione, catechesi; 3 articoli pubblicati su Catechesi nel 1993: 6, 6-13; 7, 6-15; 8, 6-14.
[51] Anche Fossion propone un itinerario centrato sulla coscientizzazione delle proprie rappresentazioni, una interrogazione critica delle stesse, una analisi delle differenza, dei valori sottesi, a cui segue una possibile riespressione e valutazione catechistica del processo.
[52] Per quanto segue MEDDI L., Il processo di interiorizzazione della fede, in Note di Pastorale Giovanile , 1998,32,8, 33-52.
[53] SOVERNIGO G., Lo sviluppo della dimensione religiosa, in MEDDI L. (a cura di), Diventare cristiani. La catechesi come percorso formativo , Napoli, Luciano Editore, 2002, 65-74; cf. anche SOVERNIGO G., Religione e persona. Psicologia dell'esperienza religiosa, Bologna, Edb, 1988.
[54] ALBERICH E. - BINZ A., Adulti e catechesi. Elementi di metodologia catechetica dell'età adulta, Torino, Ldc, 1993, c. 4; Meddi 1994, c.4; PAJER F., Teorie contemporanee dell'educazione religiosa. Una ricognizione sintetica, in Religio. Enciclopedia tematica della educazione religiosa. 1998, 275-314; GENRE E., Cittadini e discepoli. Itinerari di catechesi, Torino, Ldc-Claudiana, 2000, c. 4.
[55] TONELLI R., Itinerari per l'educazione dei giovani alla fede, Torino, Ldc, 1989; ID., Per la vita e la speranza. Un progetto di pastorale giovanile, Roma, Las, 1996; MEDDI L., Obiettivi generali della catechesi dei preadolescenti e adolescenti, Paestum, 1995; MORANTE G., Itinerario 2. Catechesi, Religio. Enciclopedia tematica della educazione religiosa. 1998, 445-534.