Francesco: gratitudine catechetica

In segno di gratitudine per il magistero (e la testimonianza viva) di papa Francesco riprendo una riflessione sui compiti della catechesi nella missione della chiesa oggi già presentata in precedenza (La catechesi nella “Evangelii gaudium”, «Settimana», 30 (2014) 10, 8-9)

In questo quadro si colloca il servizio catechetico a cui dedica alcuni numeri del capitolo terzo della esortazione, l’annuncio del vangelo, e che si presenta come una mappa delle sue scelte fondamentali circa la pastorale di evangelizzazione.

Innanzitutto  descrive i soggetti della evangelizzazione: la responsabilità dell’annuncio è di tutto il popolo di Dio per il dono battesimale dello Spirito che abilita ogni cristiano al servizio di evangelizzazione da svolgere nel concreto della vita quotidiana. È una testimonianza che nasce dalla interiorizzazione del Vangelo e si manifesta come risposta alla cultura e al tempo stesso utilizza gli atteggiamenti propri della cultura. È una testimonianza che si manifesta nei carismi di ciascuno. Sarà compito della chiesa locale favorire questo continuo processo di interscambio tra persona, vangelo e cultura. Una prospettiva, dunque, che rende dinamica la classica distribuzione discendente dei compiti missionari e che li mette a servizio del compito comune.

La testimonianza personale di ciascuno, cresce con la predicazione liturgica. Questa è la seconda scelta descritta in due intensi paragrafi: l’omelia e la preparazione della predicazione. La predicazione ha il compito di mettere in relazione la comunità con le azioni d’amore “integrale” (shalom) che Dio vuole compiere in mezzo ad essa. È azione di discernimento culturale perché il predicatore si lascia ferire da questo dialogo divino e diventa mediatore tra la Parola e la comunità. Serve la Parola studiandola, rispettandola e pregandola; la propone perché il cuore della comunità si riscaldi e risponda ai bisogni di salvezza e conversione della comunità stessa.

Il cammino salvifico della Parola prosegue attraverso la catechesi. L’evangelizzazione, intesa come missione globale della chiesa, non termina con l’annuncio. «Il primo annuncio deve dar luogo anche ad un cammino di formazione e di maturazione. Questo è il compito specifico della catechesi. Non si cada nell’equivoco di rinnovare la catechesi attribuendole solo compiti di annuncio per lasciare di nuovo il catecumeno e il battezzato soli nella impresa di vivere da cristiani. L’evangelizzazione cerca anche la crescita del battezzato, il che implica prendere molto sul serio «ogni persona e il progetto che il Signore ha su di essa».  Compito specifico della catechesi formatrice è di servire la crescita o risposta di fede del battezzato. «Non sarebbe corretto interpretare questo appello alla crescita esclusivamente o prioritariamente come formazione dottrinale» (EG 161) perché la fede è anche risposta all’appello evangelico di vivere il comandamento nuovo. La catechesi quindi fa fare esperienza della vita cristiana. Questa finalità viene raggiunta, secondo l’insegnamento del Papa, attraverso tre vie.

La prima via riguarda il recupero della impostazione kerigmatica della catechesi: «tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma che va facendosi carne sempre più e sempre meglio, che mai smette di illuminare l’impegno catechistico, e che permette di comprendere adeguatamente il significato di qualunque tema che si sviluppa nella catechesi» (EG 165). La seconda via è quella mistagogica che significa che la catechesi assume i tratti di una esperienza continua; essa si realizza rispettando due dimensioni: «la necessaria progressività dell’esperienza formativa in cui interviene tutta la comunità ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell’iniziazione cristiana» (EG 166). Infine il Papa suggerisce che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla “via della bellezza” (via pulchritudinis; EG 167) non come fuga verso un linguaggio solamente emotivo ma «per poter giungere al cuore umano e far risplendere in esso la verità e la bontà del Risorto».

Ma questo paragrafo ci offre ancora due riflessioni di notevole importanza. La prima e davvero decisiva per il rinnovamento della catechesi introduce il tema dell’accompagnamento come “terzo binario” rispetto all’annuncio e alla dimensione liturgico-sacramentale. La risposta della fede[1] e la sua crescita ha infatti bisogno di sostegni umani. Accompagnare è arte della prossimità e del rispetto del cammino dell’altro (EG 169), I sacerdoti e gli operatori pastorali si devono iniziare a questa arte perché i battezzati non si rimangano pellegrini (forse riferendosi  alla celebre espressione di D. Hervieu-Léger, 1999). Questa arte pastorale si nutre della dinamica dell’ascolto: «la prima cosa, nella comunicazione con l’altro, è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale» (EG 171). Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e all’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita. Accompagnamento che ha come scopo di sviluppare nel credente la capacità di vivere in modo organico le virtù di vita cristiana e, citando Tommaso d’Aquino, ricorda che queste virtù hanno bisogno di interiorizzzazione e di esprimersi come  “in habitu”, attuazioni di abiti virtuosi (la psicologia parla  a tale proposito di atteggiamenti). Da qui la necessità di «una pedagogia che introduca le persone, passo dopo passo, alla piena appropriazione del mistero».

L’ultima riflessione è dedicata al rapporto evangelizzazione, catechesi, formazione e Parola di Dio. Tutta l’evangelizzazione è fondata su di essa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata (EG 174). Con questa esortazione la Sacra Scrittura ritorna ad essere la fonte primaria dell’evangelizzazione e formazione cristiana. Bisogna pertanto formarsi continuamente all’ascolto della Parola. Per far comprendere il suo pensiero afferma che «abbiamo ormai superato quella vecchia contrapposizione tra Parola e Sacramento. La Parola proclamata, viva ed efficace, prepara la recezione del Sacramento, e nel Sacramento tale Parola raggiunge la sua massima efficacia» (EG 174). In conseguenza lo studio della Sacra Scrittura dev’essere una porta aperta a tutti i credenti perché la Parola rivelata fecondi radicalmente la catechesi e tutti gli sforzi per trasmettere la fede (EG 175) attraverso percorsi di formazione diocesana e parrocchiale anche attraverso il percorso della lettura orante personale e comunitaria (EG 175).


[1] Un ampio approfondimento in L. Meddi, Educare la risposta della fede. La receptio fidei compito della catechesi di “Nuova Evangelizzazione”, in Urbaniana University Journal,  2013, 56, 3, 117-161.

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